L’antica tradizione dei monacelli nella notte tra il 1° e il 2 novembre…

storie_01-11-17Uno degli aspetti più interessanti legati alle celebrazioni dei morti è quello dei monacelli di San Donato. Fino a non molti anni fa, nella notte tra il 1° e il 2 novembre, i bambini del paese si vestivano da monacello, il folletto della Val di Comino e di altre località del Regno delle Due Sicilie. Indossato un mantello con cappuccio, i piccoli sandonatesi bussavano di casa in casa dicendo «Sem’ gl’ m’naciegl’» (Siamo i monacelli). A queste parole rispondevano dalle case offrendo loro dolci e leccornie. Tra i dolci della festa vanno ricordati “l’ossa d’ muort“, biscotti a forma di ossa umane.

IL MONACELLO, SPIRITELLO DI CASA NOSTRA
Nella tradizione sandonatese, queste creature sono i fantasmi di bambini morti prematuramente o di altri non nati ma che dovevano nascere (ad esempio: bambini desiderati ma che non sono venuti al mondo, abortiti perché indesiderati, ecc.). Nonostante le motivazioni, lo spirito di queste creature rimane legato alla famiglia, aggirandosi furtivamente all’interno della casa, compiendo marachelle e dispetti a tutti: strappano coperte a chi dorme, tirano la coda al gatto di casa, rovesciano piatti e bicchieri, nascondono oggetti. Secondo altri racconti sono anche i guardiani di tesori sepolti e delle miniere di Monte Calvario. Per tenerli lontani venivano scolpiti mascheroni grotteschi sui portali o si posizionava dietro la porta d’ingresso un sacchetto di miglio o una scopa di saggina.

LA STORIA DI FILOMENA
«É colpa d’ gl’ M’naciegl’»: amavano ripetere quando spariva un qualsiasi oggetto. Di loro poi, non c’era modo di liberarsi, poiché erano legati alla famiglia, che di solito seguivano anche mutando di locazione. Si racconta di Filomena, una vecchina che abitava alla Sbarra (dietro il Duomo), che non ne poteva più dei loro dispetti. L’anziana, consigliata dall’Abate, decise di cambiare casa. Il giorno del trasloco la videro che portava sulla testa un ampio canestro con dentro i suoi pochi oggetti. Incrociando una piccola folla di vicini raccontò loro, per l’ennesima volta, le sue vicissitudini. Terminato l’incontro, l’anziana si avviò verso la nuova abitazione. In quell’istante sporgono dal cesto le testoline dei monacelli, che salutarono gli astanti strillando allegramente: «Iamm’ a cas ’nov’! Iamm a cas’ nov’!» (Andiamo nella nuove stanze! Andiamo nelle nuove stanze!).