Il tartufo e la natura più incontaminata sono il binomio vincente di Campoli, antichissima cittadina dall’aria “buonissima et fresca”. La fondazione del primitivo borgo si perde nella leggenda, secondo cui furono i Longobardi a renderlo vivibile grazie alla costruzione di possenti mura di cinta e di un’alta torre.
Negli anni in cui la vita cittadina ruotava intorno alla chiesa, nei boschi e nelle campagne circostanti nascevano cenobi e romitori e si favorivano le pratiche agricole, attraverso lo sfruttamento dei campi e la costruzione di mulini ad acqua nella zona di Carpello. Nel XII secolo Campoli fu possedimento dei d’Aquino. Da allora e fino al XIV secolo, subì dapprima la distruzione da parte dei conti di Ceccano, poi la fame e la miseria per colpa dei diversi capitani francesi che si succedettero a fianco dei d’Angiò. Con i Cantelmo prima e i Gallio in seguito, Campoli seguì la sorte del ducato di Alvito.
Nel XVI secolo veniva descritto come un «castello popolato, ben cinto di muraglie» dal territorio «quasi tutto in colline» che produceva «buoni grani, orzi et migli; buoni vini bianchi, et piccoli; miele buonissimo». In montagna vi erano «pascoli buoni di Estate, et caccie di Pernici, et di Camozze, et per le Colline de Lepri et Capry».
A distanza di secoli, tracce di questo antico passato sono conservate con orgoglio. Qui, l’aria sa di antico e molte sono le suggestioni, come il “tomolo”, una dolina carsica dalla struttura ad imbuto sul cui bordo si ergono le abitazioni, le vette del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e lo spettacolare Vallone Lacerno, profondo “canyon” ricco di strapiombi, cascate e acque cristalline.
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