Luigi Cellucci nacque a San Donato Val di Comino il 21 marzo 1876 da Lorenzo e Rosa Musilli. Interessato fin da piccolo agli studi umanistici, compì gli studi medi e liceali a Montecassino e Maddaloni, quelli universitari a Napoli e Pisa, dove fu allievo di Alessandro D’Ancona. Cultore delle discipline filologiche, storiche e filosofiche, si dedicò in particolare alla storia della letteratura e dell’arte italiana. Autore di numerose pubblicazioni, tra saggi e raccolte di poesie, ebbe collaborazioni con diverse riviste, come L’ Arte, Archivum Romanicum, Cultura Neolatina. Morirà a Roma nel 1962. Nel 2008 gli è stato intitolato il teatro comunale di San Donato.
DALLA GRANDE GUERRA AL FASCISMO
Dal 28 luglio 1915 al 14 aprile 1917 partecipò alla prima guerra mondiale, combattendo in prima linea come ufficiale di complemento nelle trincee dell’Isonzo e del Carso, nonché a Monfalcone. Nel dopoguerra avversò il bolscevismo nelle piazze con discorsi e contraddittori ricchi di energia. Fu in diverse parti d’Italia come docente e per molti anni preside nei regi licei, tra i quali il Tulliano di Arpino e il Conti Gentili di Alatri: in quest’ultimo insegnò al poeta Libero De Libero. Fu anche a Milano, ma rinunciò alla cattedra, ritenendo la tranquillità delle piccole sedi più adatta ai suoi studi. Nel 1936, anche a causa del suo rifiuto al fascismo, si ritirò in pensione per dedicarsi a ricerche e pubblicazioni.
DALL’ARCADIA ALLE LEGGENDE CRISTIANE
Con Benedetto Croce e altri illustri critici letterari fece parte dell’Accademia dell’Arcadia, firmandosi con lo pseudonimo di Crisandro Pentello. Partecipò, con Giulio Bertoni, alla stesura del Vocabolario dell’Accademia d’Italia e alle riviste della facoltà di Filologia Romanza dell’Università di Roma. Cellucci fu uno studioso delle leggende cristiane, in particolare chiarì il tempo e il modo in cui sorsero e le vicendevoli relazioni: ne studiò il valore, non come documento di storia religiosa, ma come opere da annoverare in parte fra la letteratura artistica.
SCRITTI PRINCIPALI
Tra i suoi scritti più importanti si ricordano: “Un Poligrafo del Settecento: L’Abate Giambattista Roberti” in Studi di Letteratura Italiana (1908); “Nuovi avanzi di pitture romaniche in Terra di Lavoro” in L’Arte (1920); Le leggende francescane del XIII secolo (1929); Ombre e bagliori (1932); “Il cum e il per nel Cantico di Frate Sole” in Cultura Neolatina (1942); “La poetica di Dante e la sua poesia” in Cultura Neolatina (1942); “Storie della vita religiosa in Salimbene” in Arcadia Accademia Letteraria Italiana (1950); “Le laudi francescane di Jacopone da Todi” in Frate Francesco (1954); Luca Wadding e il preteso Floretum (1957); Ombre e fulgori (1962).