Nel 1806 Napoleone Bonaparte, promulgando l’editto di Sant-Cloud, definiva luoghi, modalità e caratteristiche architettoniche per la costruzione dei cimiteri fuori le mura cittadine, vietando di fatto l’inumazione dei morti nei sotterranei delle chiese. Nel 1838, Giuseppe Ricciarelli, sindaco di Schiavi (oggi Fontechiari), diede inizio ai lavori di costruzione di un cimitero in località Sant’Onofrio, per un importo complessivo di 138 ducati.
La forma architettonica
L’originale struttura circolare ne ha fatto l’unico esempio di cimitero napoleonico del centro Italia e uno dei più interessanti monumenti funerari d’Italia. La struttura si presenta con un diametro esterno di 13 metri, con il piano infossato adibito a ossario, mentre quello superiore è destinato a contenere otto cappelle gentilizie, disposte a raggiera, appartenenti alle famiglie: Agostini, De Carolis, Lepore e Paradisi. Il chiostro è dotato di quattro botole dalle quali venivano lasciati cadere i cadaveri “comuni” avvolti, nei casi migliori, da un semplice lenzuolo.
L’utilizzo nei secoli
Dai registri parrocchiali si evince che il cimitero fu utilizzato la prima volta nel 1844 per la sepoltura del ventisettenne Pietro Caringi, l’ultima volta nel 1888 per la tumulazione di Giovan Battista Ferrante. Nel corso della seconda guerra mondiale fu utilizzato dai tedeschi come avamposto militare.
Info
- DOVE: Fontechiari (Fr)
- INDIRIZZO: Via Santa Maria